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Convento San Domenico

Palermo

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“Corpi strappati e altre lacerazioni”

21 ottobre | 2018

Le elaborazioni fotografiche di Guido Gosta nella Sala del lavabo presso la Sacrestia di san Domenico

  • Corpi strappati e altre lacerazioni
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In concomitanza con il mese del Festival delle Filosofie, la Sacrestia di san Domenico espone “Corpi strappati e altre lacerazioni”, elaborazioni fotografiche di Guido Gosta.
Si tratta di un percorso espositivo rievocativo ed emozionante tra tele impresse da colori ed acidi, ma soprattutto da ricordi fatui.
Una nuova mostra impossibile da classificare né come fotografica, né pittorica, né altro di convenzionale o conosciuto, in quanto i lavori di Guido Gosta non sono nulla e sono tutto, ma fra tutto certamente più di ogni altra cosa sono poesia, una poesia che non vuole essere né garbata nè interessata, né accomodante. Una poesia diretta!
Immagini malate con vistose alterazioni, come lebbra, come cancro. Ma c’è qualcosa di insolito che inquieta, questo cancro non appartiene a questi corpi rappresentati, egli è sopra di essi e si avverte un movimento inconsueto nella comunicazione tra fotografo e soggetto. Qui non è la luce a colpire il soggetto e poi rimbalzare verso l’obiettivo, al contrario si sente che qualcosa si muove preponderante dal fotografo verso un soggetto ignaro… E’ un cancro dell’anima che colpisce e lacera un corpo quasi inebetito dalla sua stessa bellezza. E si avverte in ogni immagine che l’obiettivo non riceve, non “prende” la fotografia, ma spara con inaudita e crudele violenza.
Fotografare come Guido Gosta certamente richiede una discreta dose di scissione emotiva.
Se da un lato infatti emergono costruzioni geometriche accademiche, composizioni attente, un impeccabile utilizzo di luci ed ombre, l’utilizzo di apparecchiature di medio formato o a banco ottico ed illuminazione curata in studio, sempre sapientemente calibrata, poi, successivamente, irrompe un’orda distruttrice che attacca tanta perfezione, tanta precisione e tanta cura. E’ l’intervento inconscio della creatività che si ribella al sapere, che maltratta e violenta architetture tanto sapientemente e tanto pazientemente costruite per lasciare solo un senso di lacerazione e di erosione.
Un primo tempo, dietro l’apparecchio fotografico, come a voler dimostrare la perfetta conoscenza di tutte le regole del gioco e poi, dopo aver realizzato un buon esercizio di stile, accorgersi che solo l’emotività e la suggestione appartengono alla vera arte.
Le immagini che ci propone Guido Gosta, contengono qualcosa di profondamente insano, che non è malattia, ma il faticoso percorso della trasgressione che può vivere solo assecondata dalla perfetta conoscenza del sapere e dalla piena coscienza di quanto pesino le regole.
Non solo quindi elogio dell’imperfezione e dell’imprecisione, queste immagini sono da vedere dal vero, per coglierne l’energia, da toccare per sentirsi irradiare d’emozione.
Ad un primo impatto questi "Strappi" di Guido Gosta si avvertono principalmente emotivi e spingono chi osserva a porre in contrapposizione forma e contenuto, corpo ed anima, presenza ed assenza.
Dopo il tempo necessario, scandito dall'autore, si evince che non traspare alcuna anima, bensì un inquietante vuoto che rapisce l'osservatore.
Il vero realismo che traspare, è quello fra il dentro ed il fuori del fotogramma.
Queste immagini sono sineddoche, metonimie, ogni dettaglio messo in luce ci parla di qualcosa nascosto in ombra, ogni evidenza a fuoco ci richiama un’evidenza sfumata, ogni corpo presente è in stretto rapporto con qualcosa che si avverte lì, fuori dal fotogramma, ma che fa parte integrante di esso.
Vi è sempre un richiamo fuori dai bordi, come nei bordi marcati della pellicola che ci parlano d’altro fuori dalle righe.
E il rapporto tra il fuori e il dentro è sottolineato anche dall’insofferenza dell’autore per i bordi netti, che volutamente rompe ed irrompe con presenze/assenze tanto simboliche quanto ingombranti. Attraverso questa frastagliatura s’instaura quella comunicazione che fa di ognuno di questi lavori una “rosa purpurea del Cairo”.

Comunità dei frati del Convento San Domenico di Palermo